Alla vigilia di Natale, cinque persone sono state arrestate con l’accusa di terrorismo nell’ambito di un’operazione coordinata dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, tra loro, una ragazza di 18 anni di origine algerina, cresciuta e residente a Spoleto. La giovane è sospettata di aver costituito una cellula denominata “Da Wa Italia” (“La Chiamata”), affiliata ad Al Qaeda e ISIS. L’inchiesta, condotta dai Carabinieri del ROS, ha svelato un’organizzazione dedita al reclutamento e all’indottrinamento di giovani, anche minorenni, con lo scopo di spingerli verso la radicalizzazione jihadista.

Secondo le autorità, la giovane spoletina avrebbe collaborato con una coetanea pakistana residente a Bologna, particolarmente attiva nel proselitismo online. Insieme, le due avrebbero formato un gruppo volto a diffondere una “giusta” versione dell’Islam, legata al movimento jihadista, con un focus su giovani di seconda generazione. Tra gli altri coinvolti, un 27enne turco residente a Monfalcone e il fratello minore della ragazza pakistana, sospettato di aver già partecipato a un periodo di addestramento militare.

L’indagine, avviata nel settembre 2023, si è basata sul monitoraggio di circuiti radicali online, rivelando come il gruppo utilizzasse piattaforme digitali per diffondere propaganda e reclutare nuovi membri. Uno dei destinatari dell’ordinanza di custodia, un giovane cresciuto a Milano, è sfuggito alla cattura poiché già partito per il Corno d’Africa, dove si presume si sia unito a milizie jihadiste.

Spoleto, la ragazza accusata di terrorismo tace davanti al Gip

Sono durati pochi minuti gli interrogatori di garanzia per i quattro arrestati. La ragazza di Spoleto, difesa dall’avvocato Sabrina Montioni, si è avvalsa della facoltà di non rispondere alle domande del gip Letizio Magliaro. Il suo legale ha sottolineato che molti dei reati contestati sarebbero stati commessi quando l’indagata era ancora minorenne.

Anche i due fratelli pakistani, di 22 e 19 anni, residenti a Bologna, e il 27enne turco di Monfalcone hanno optato per il silenzio, limitandosi a brevi dichiarazioni spontanee. Gli interrogatori si sono svolti in video collegamento dalle carceri di Perugia e Gorizia, dove gli arrestati sono attualmente detenuti.

Secondo quanto emerso, il gip ha confermato la custodia cautelare per tutti, ritenendo sussistenti i rischi di fuga e reiterazione del reato. L’inchiesta è tutt’altro che conclusa e gli inquirenti stanno approfondendo i legami tra gli indagati e altre reti jihadiste presenti in Italia e all’estero.

Lotta al terrorismo in Italia: una sfida costante

L’operazione “Da Wa Italia” rappresenta un ulteriore tassello nella complessa lotta al terrorismo in Italia. Un fenomeno che negli ultimi anni si è adattato e trasformato grazie alle opportunità offerte dal digitale. L’Italia, benché meno colpita rispetto ad altri Paesi europei, è in prima linea nella prevenzione e nel contrasto al radicalismo.

Dal 2015, le autorità hanno intensificato il monitoraggio delle attività online, riconoscendo il ruolo centrale che i social network e le piattaforme di messaggistica criptate rivestono nella propaganda jihadista. L’utilizzo di strumenti avanzati di cyber-intelligence ha permesso di identificare e smantellare diverse cellule terroristiche operanti nel Paese.

Parallelamente, è stato rafforzato il dialogo con le comunità musulmane e avviati programmi di sensibilizzazione per prevenire la radicalizzazione. Soprattutto tra i giovani di seconda generazione. La strategia italiana si basa su un mix di interventi repressivi e preventivi, con un forte coinvolgimento delle istituzioni locali e delle scuole.

L’arresto dei cinque sospettati dimostra l’efficacia di questo piano, ma evidenzia anche le sfide ancora aperte. La radicalizzazione, spesso invisibile agli occhi della società, può nascere all’interno di contesti apparentemente integrati, sfruttando fragilità sociali ed economiche. La cooperazione internazionale resta cruciale per affrontare un fenomeno che, per sua natura, non conosce confini.

Mentre le indagini continuano, l’Italia ribadisce il proprio impegno nella tutela della sicurezza nazionale. Consapevole che la lotta al terrorismo non è solo una questione di polizia, ma anche di coesione sociale e prevenzione culturale.