Cosa succede quando l’innovazione tecnologica di un’azienda non si riflette nelle sue relazioni interne? Alla Eles di Todi, leader nella progettazione di dispositivi per semiconduttori, lo smartworking si è trasformato in una questione esplosiva. Il rinnovo dell’accordo sul lavoro agile, che sembrava cosa fatta, si è invece arenato in un clima di forte tensione tra la Direzione e i rappresentanti dei lavoratori.
La vicenda dello smartworking alla Eles non è solo una questione contrattuale, ma una fotografia delle relazioni industriali nel settore tecnologico. I lavoratori, che continuano a rivendicare l’accordo condiviso con i sindacati, si trovano a fare i conti con una Direzione che sembra preferire decisioni unilaterali. E il futuro del lavoro agile, in un’azienda che si dichiara innovativa, rimane appeso a un filo.
Eles, il terreno già accidentato della trattativa
Questa non è la prima volta che Eles e sindacati si trovano su fronti opposti. Già in estate, la decisione unilaterale dell’azienda di sospendere un precedente accordo e di cancellare i superminimi aveva creato scontento. I lavoratori, già esasperati dal mancato rispetto di impegni relativi a un nuovo accordo integrativo aziendale, si sono trovati di fronte a una nuova battaglia: difendere lo smartworking.
Smartworking dimezzato: la proposta che divide
La Direzione aveva inizialmente messo sul tavolo una drastica riduzione: dalle attuali 15 giornate di lavoro agile a solo 5. Dopo lunghe discussioni, FIOM CGIL e FIM CISL erano riusciti a strappare un compromesso che prevedeva 8 giornate di smartworking, accompagnate da un bonus di 200 euro per i dipendenti esclusi. Ma l’azienda, invece di aspettare il voto dell’assemblea dei lavoratori fissata per l’11 dicembre, ha improvvisamente abbandonato la trattativa.
Il colpo di scena: addio al dialogo collettivo
A sorpresa, la Direzione ha deciso di bypassare i sindacati e puntare su accordi individuali. Una mossa che ha spiazzato tutti, come sottolinea Nico Malossi della FIOM CGIL: “Non si può definire un’azienda innovativa e poi negare ai propri lavoratori la possibilità di discutere collettivamente le loro necessità. Ridurre così tanto le giornate di smartworking significa ignorare le esigenze familiari e i costi che molti dipendenti devono sostenere per raggiungere il luogo di lavoro.”
La protesta dei lavoratori Eles
Nonostante il dietrofront aziendale, i lavoratori non hanno rinunciato a far sentire la propria voce. L’assemblea si è svolta regolarmente, e i dipendenti hanno votato all’unanimità per sostenere la proposta mediata dai sindacati. Questo voto rappresenta un atto di resistenza e una richiesta di coerenza rivolta alla Direzione. Perché, si chiedono i lavoratori, non si può applicare quanto concordato? Cosa è cambiato in pochi giorni?
Eles, secondo chi protesta, si presenta come un’azienda all’avanguardia, capace di vantare successi economici e acquisizioni importanti nel mercato globale. Eppure, questa immagine potrebbe stridere con quelle che sono le dinamiche interne. Il lavoro agile, che dovrebbe rappresentare un modello di flessibilità, è stato trattato come un problema da ridurre al minimo, e i lavoratori dicono che sono state ignorate le implicazioni per chi deve destreggiarsi tra famiglia, lavoro e distanze.
Numeri che raccontano lo smartworking
Nel 2024, circa il 73% dei lavoratori in smartworking ha dichiarato di voler mantenere questa modalità, e il 27% sarebbe disposto a cambiare lavoro se costretto a rientrare in ufficio a tempo pieno. Nelle grandi aziende italiane, quasi 2 milioni di lavoratori continuano a lavorare da remoto almeno in parte, mentre nelle PMI la quota è scesa da 570.000 a 520.000 lavoratori nell’ultimo anno. Per molte aziende, la scelta di ridurre lo smartworking è legata alla percezione che la presenza fisica favorisca la collaborazione e rafforzi la cultura aziendale, sebbene il costo medio per i lavoratori che devono affrontare lunghi spostamenti sia aumentato fino al 20% del reddito mensile.